Nome e Stemma
Il nome della Scuola
La denominazione di Scuola JUDO Tomita è derivata dalla ricerca di un nome che riuscisse a racchiudere, simbolicamente, gli ideali del vero Judo e non quelli del Judo prettamente agonistico che ha smarrito i principi pedagogici, morali e sociali propri del Judo. Da qui l’idea di intitolare la Scuola a un personaggio storico del Judo ma al quale, per le sue umili origini e collocazione, il Judo moderno non reputa il giusto valore, pur avendo contribuito in primissima persona alla nascita del Judo: Tsunejiro Tomita (富田 常次郎 Tomita Tsunejirō). Ragazzo di umili origini, fu il servitore che la famiglia pose accanto al giovane Jigoro Kano quando inizio a vivere da solo a Tokio. Ma Kano, ragazzo moderno ed illuminato per il suo tempo, non lo tratto mai alla stregua di un servitore (per l’epoca poco più di uno schiavo), ma ne fece suo inseparabile compagno nelle prime esperienze di Jiujitsu e di Judo. Tomita fu quindi il primo allievo di Kano, divenne la prima cintura nera giumgendo fino al grado di 9° dan (i registri ufficiali del Kodokan riportano 7° dan ma alcuni testi e la leggenda dicono che fu il primo 9° dan). Insieme a Yamashita Yoshikazu, Yokoyama Sakujiro e Saigo Shiro, erano chiamati “shi-tenno”, i “quattro supremi signori” del primo Kodokan, apprezzati da Kano non solo per la loro abilità di judoka, ma soprattutto per l’integrità dimostrata nel realizzare il principio morale del sei-ryoku-zen’yo (il miglior impiego dell’energia), considerato il mezzo con cui il Judo porta a ji-ta-kyo-ei (amicizia e reciproca prosperità).
Io stemma della Scuola
Per la scelta delle figure e dei colori dello stemma della Scuola, prima il caso e poi un necessario approfondimento sul contenuto semantico di tinte ed emblemi utilizzati, ci hanno portato alla realizzazione di questo stemma che per i significati emblematici che racchiude, rappresenta in pieno l’ideologia della Scuola non solo sull’insegnamento e la pratica del Judo, ma anche sulla vita stessa e la società.
I simboli, gli emblemi ed i colori utilizzati sono:
N.B. Gli argomenti riguardanti l'origami e i colori, trattati in questa pagina, sono esposti in maniera sintetica. Per maggiori informazioni, notizie ed immagini consultate le relative sezioni d'approfondimento segnalate all'inizio di ogni capitolo.
L'origami della grù approfondimento
L’origami della gru, è stato il primo stemma che ha rappresentato la Scuola JUDO Tomita. Casualmente ci imbattemmo in questa figura che, per i suoi molteplici significati, ci conquisto immediatamente, nonostante la sua difficile comprensione (sappiamo bene che molti lo scambiano per una papera :-)).
Tre sono gli elementi legati all’origami della gru che ci hanno colpito e convinto ad utilizzarlo come simbolo principale: il primo è legato al significato ed alla filosofia proprie all’origami tradizionale; il secondo al simbolismo legato all’origami della gru; ed il terzo ad una bambina, Sadako Sasami.
Significato dell'origami
Di origine giapponese, la parola origami è composta dal verbo oru (piegare) e dalla parola kami (carta) e viene comunemente usata per definire una tecnica manuale che permette di realizzare figure e forme di ogni tipo mediante la piegatura di uno o più fogli. La parola kami ha però un significato ambivalente, nella sua pronuncia ha lo stesso suono della parola equivalente al nostro divinità. È quindi difficile separarle completamente. Kami può anche significare superiore, come se la carta, ricavata da un prodotto della terra, avesse trasformato il riso in qualcosa di ultraterreno... la carta di riso, dolcissima nel lasciarsi piegare senza rompersi, ci permette di passare da un semplice foglio a forme complesse, senza limitazioni per la creatività.
Filosofia
Legato alla filosofia Zen, l'origami giapponese è caratterizzato dalla predilezione per l'astrazione e l'essenzialità delle pieghe: deve essere la fantasia dell'osservatore a completare la figura rappresentata con semplicità ed eleganza. Cura dell'origamista orientale è scegliere con attenzione la carta e studiare le proporzioni. Partendo dal presupposto che la differenza esistente tra le cose è solo apparente, quando si piega un quadrato di carta si compie un gesto creativo in quanto si dà forma e si concretizza un'idea, si ottiene un oggetto compiuto e soggetto al deterioramento, come tutto ciò che esiste in natura. Tale osservazione del mondo, per ricrearlo, conduce alla sua comprensione, quindi all'illuminazione Zen. Mentre per il piegatore giapponese la gioia nel realizzare un origami risiede nella danza delle mani che lavorano per realizzare la figura, per quello occidentale la soddisfazione deriva dalla riproduzione in modo quasi pignolo dei dettagli del soggetto rappresentato, rifinendo il modello con pieghe piane, appena accennate e curvilinee.
Per
l'orientale la gioia della realizzazione sta nell'atto,
per l'occidentale nell'oggetto.
La gru
Classificata come Gru Japonensis e comunemente nota come Gru della Manciuria o gru coronata di rosso per il colore delle piume che ne ornano il capo, questo volatile deve la sua popolarità alla presenza nella sua livrea dei colori bianco e rosso, simboli di purezza e virilità.
Simbolo ben augurante per una lunga e felice vita coniugale, la gru rimane fedele al proprio compagno per tutta la sua esistenza, solitamente della durata di 40 anni. Le coppie sovente sono impegnate in danze rituali, anche lontano dal periodo dell'accoppiamento, e tale comportamento è stato interpretato dal popolo giapponese come una manifestazione della gioia dello stare insieme.
Anche nella nostra mitologia la gru ha gli stessi connotati: come uccello sacro ad Apollo rappresenta la gioia di vivere, la luce e la felicità di intrecciare danze primaverili nei prati.
In origami, la forma base della gru, o tsuru, viene usata come partenza per la realizzazione di molte figure.
Appese sul soffitto come distrazione per i
bambini, le gru rappresentavano vere e proprie offerte ai templi ed altari.
Realizzata per augurare ogni bene agli ammalati ed a chi deve affrontare una
dura prova, la gru la si può piegare per se stessi, per gli altri o per offrirla
agli dei, nella speranza di veder esaudite le proprie preghiere in questo caso,
occorre piegarne mille e legarle insieme, per poi portarle al tempio della
divinità cui si è chiesto aiuto. Narra un'antica leggenda giapponese che la
gru possa vivere 1000 anni: regalare una gru significa quindi augurare 1000 anni
di vita. Un'offerta di mille gru rafforza ulteriormente il concetto. Piegare le
mille gru è segno di un sincero interesse per il destinatario, perché occorre
bravura, tempo e dedizione per piegarle tutte. Regalare mille gru ancora oggi
significa: "ho pensato a te per tutto questo tempo, sei importante".
Nel 1600 venne ideata in Giappone una tecnica di piegatura che permetteva di
ottenere da un unico foglio un numero elevato di gru, tutte unite tra di loro
per il becco, le ali o la coda.
Alla tradizione della piegatura delle mille gru è legato un commuovente episodio risalente alla seconda guerra mondiale.
Sadako Sasaki (佐々木禎子, Sasaki Sadako) era una bambina che nel 1945 aveva due anni, abitava con la sua famiglia a circa un chilometro dal punto su cui venne sganciata la bomba, e rimase miracolosamente illesa. Crebbe e divenne una ragazzina intelligente e vivace. Ma la bomba-A non aveva smesso di uccidere: nel febbraio del 1955, all'età di dodici anni, Sadako si ammalò di leucemia a causa degli effetti delle radiazioni di cui la zona rimase (ed è tutt'oggi) contaminata per effetto dello scoppio nucleare.
Sadako era piena di voglia di vivere, e nelle lunghe giornate in ospedale si dedicava a costruire, con le scatole delle medicine e con qualunque altro frammento di carta avesse a portata di mano, piccoli origami raffiguranti ben auguranti gru. Ne aveva composte più di milletrecento quando dopo otto mesi di malattia, la mattina del 25 ottobre 1955, i suoi sorrisi e la sua voglia di vivere smisero di animare la piccola stanza d'ospedale ed entrarono nella memoria straziata di tutti gli abitanti della città, a partire dai suoi compagni di scuola. Da quel giorno migliaia e migliaia di gru di carta, di tutte le dimensioni e di tutti i colori, prendono continuamente forma dalle mani dei bambini e di tutti gli abitanti di Hiroshima, e vanno a costituire ghirlande, disegni, composizioni di ogni tipo che vengono utilizzate al posto dei fiori per onorare tutti i luoghi della memoria: una miriade di piccole gru che vengono spedite alla città di Hiroshima anche da tutto il mondo, e che nelle semplici ed accurate pieghe delle loro ali tengono ancora oggi in vita l'incredibile vivacità di Sadako e i suoi sogni colorati. In ricordo di tale atto di speranza nel Parco della Pace della città si trova un monumento, dedicato a tutti i bambini vittime della bomba atomica, raffigurante Sadako a cavalcioni di una bomba nel gesto di innalzare al cielo una gru di carta. Ai suoi piedi, migliaia di ghirlande di gru donate dai visitatori incorniciano la targa recante l’iscrizione
ecco
la nostra speranza e preghiera:
che la pace regni nel mondo.
Per questo motivo, l'origami della gru, è stato elevato a simbolo di pace e fratellanza per i popoli nel mondo.
L'acqua
L'inserimento del simbolo dell'acqua, nello stemma della Scuola, trae origine dalla definizione che il Maestro Bunji Koizumi dette della natura del Judo:
"Il Judo ha la natura dell'acqua. L'acqua scorre per raggiungere un livello equilibrato. Non ha forma propria, ma prende quella del recipiente che la contiene. È indomabile e penetra ovunque. È permanente ed eterna come lo spazio e il tempo. Invisibile allo stato di vapore, ha tuttavia la potenza di spaccare la crosta della Terra. Solidificata in un ghiacciaio, ha la durezza della roccia. Rende innumerevoli servigi e la sua utilità non ha limiti. Eccola, turbinante nelle cascate del Niagara, calma nella superficie di un lago, minacciosa in un torrente, o dissetante in una fresca sorgente scoperta in un giorno d'estate".
Ma non solo. Il forte simbolismo di questa onirica rappresentazione del Judo legato all'acqua, unito al simbolismo proprio che la storia, le tradizioni, la religione, la filosofia, attribuiscono all'acqua stessa, ci hanno motivato ancor di più.
Una curiosità. Il bagno rituale nell'acqua fredda in Giappone ha un valore considerevole e fa parte del Misogi (esercizio di purificazione). Lo si pratica in uno stato di totale nudità e in un ordine preciso:la bocca, il volto, le parti intime, il petto e il ventre, i piedi e le gambe, le spalle e le braccia, la schiena e di nuovo il petto e il ventre ed infine il corpo tutto intero. Questi bagni simbolici ricordano agli adepti dello Shinto che per essere graditi alle divinità, non basta eliminare la sporcizia materiale ma anche porre un freno alle proprie cattive tendenze e conformarsi alla via giusta e morale.
Il cerchio
L'inserimento dell'emblema del cerchio, è stato l'ultimo atto per il completamento dello stemma della Scuola. I simboli rappresentanti l'origami e l'acqua vengono in questo modo racchiusi in una cornice molto rappresentativa.
Il cerchio che rappresentiamo trae origine dal Tao. Come espresso più approfonditamente nella sezione Il JUDO esistono influenze e affinità dirette ed indirette tra Taoismo e Judo richiamate informalmente dagli ideogrammi della parola Judo: JU e DO. Il Tao è la Via, è l'Organizzazione delle leggi Universali, l'Organizzazione di questo grande potere che esiste nell'essere umano e in tutto quello che ci circonda. Capire il Tao, vuole dire integrare con il ciclo dell'Universo e con la Natura. Da queste considerazioni di base possiamo partire per capire il simbolismo che si cela dietro al segno ideato in Cina per rappresentare il Tao: il cerchio. Il cerchio rappresenta la vita, la continuità, la fluidità, il continuo mutamento dell'universo e rappresenta l'equilibrio. Infatti qualsiasi cosa che riguarda il nostro universo non è statica. Persino le cose che a noi possono sembrare statiche hanno movimento. Un movimento che a volte non è percepibile ne agli occhi ne al tatto, ma c'è sempre, in un continuo evolversi, mutare, rigenerarsi, un continuo cammino evolutivo.
Volendo perfezionare l'emblema del cerchio, intorno al 3000 a.C., il famoso maestro FU HI dette vita ad un nuovo simbolo dividendo il cerchio in due forze, in due Energie opposte, che sono gli opposti della vita ed esistono in qualsiasi cosa: YIN e YANG.
I colori approfondimento
Partendo da un’intuizione puramente casuale, sostenuta da approfondimenti sulla grafica, passando per le più conosciute discipline filosofiche e religiose orientali ed occidentali, per approdare alla cromoterapia ed allo studio del colore o meglio della luce, i colori riportati nello stemma della Scuola JUDO “Tomita” sono l’arancione ed il blu (con le loro diverse gradazioni).
Ma perché questi colori?
Partiamo da una caratteristica peculiare di questi colori.
Nella ruota dei colori ad ogni colore se ne oppone un altro ben definito. Mescolati assieme due colori opposti (detti complementari) producono luce bianca. L' arancione e il blu sono complementari.
Questa caratteristica ci ha condotto a due riflessioni.
- Nel
Judo il richiamo al bianco lo troviamo
tradizionalmente
nel
judogi
che deve essere bianco. Una delle motivazioni risiede nel simbolo di purezza
che questo colore rappresenta, che dovrebbe essere caratteristica d’ogni
Judoka. Si dice che il judogi deve essere bianco come il fiore di ciliegio:
simbolo dei samurai e quindi sinonimo di forza, purezza d’animo e
coraggio.
- La
mescolanza di 2 opposti, in questo caso 2 colori che fondendosi generano
"il tutto" (il bianco), riflette i
principi
della polarità Yin e Yang del Taoismo. Questi principi, come per il
cerchio, sono richiamati
informalmente dagli ideogrammi della parola Judo:
JU
e
DO
(per maggiori informazioni
consultate la sezione Il JUDO).
Queste riflessioni ci hanno fatto apparire attinenti al Judo questi due colori, pur con mille possibili critiche. Anche la simbologia dei colori ci ha coadiuvato rinforzano il principio del DO e rispecchiano l'ideologia della Scuola. Ecco come vengono descritti l'arancione ed il blu:
ARANCIONE
BLU
L'arancione è il colore dell’allegria, è il colore sociale, della comunicazione.
Adatto a stati di insoddisfazione, pessimismo, depressione. L’arancione procura una sensazione di benessere, infatti in un ambiente arancione, la depressione tende a diminuire, favorendo l’ottimismo, la buona relazione corpo spirito. Stimola l’appetito. Con una breve irradiazione di arancione si può eliminare la sonnolenza mattutina. E’ il colore che scalda il cuore, aumenta l’ambizione è rasserenante e restituisce entusiasmo a chi è svogliato. Stimola la respirazione.
L’arancione distingue persone estroverse che amano la compagnia. Possono essere persone superficiali, lunatiche e instabili ma certamente buone. Delle oscillazioni di questo colore non ne abbiamo mai abbastanza, ricordo che i monaci buddisti utilizzano tonache arancione proprio per le sue proprietà stimolanti.
L’arancione è il colore del sorriso!
Simbolicamente è legato all’energia, alla crescita, all’entusiasmo e all’immaginazione.
Il blu è il colore della calma , dell’aria, del cielo e del mare.
Si dice che il blu fa dimenticare forse per le sue proprietà rilassanti e forse anche perché per un effetto ottico ingrandisce ed allontana, infatti il pittore Kandinski sostiene che un dipinto blu ha l’effetto di far dimenticare la presenza del muro.
Il blu è anche il colore dell’introspezione e dell’autoanalisi ma anche del dovere, la persona blu è sensibile e controllata nella manifestazione delle emozioni, si inserisce bene in gruppi. Spesso le persone blu hanno idee rigide e tendono a preoccuparsi troppo, con gli amici sono leali e sono molto cauti con gli estranei, vanno insomma con “i piedi di piombo”.
Agisce in maniera notevole sull’insonnia ed è fantastico contro l’ansia e gli attacchi di panico.
Simbolicamente è il colore del silenzio e della moderazione.
Conclusioni
Le descrizioni del nome e dello stemma rispecchiano, a nostro parere, l'ideologia che la Scuola JUDO Tomita vuole perseguire, nell'insegnamento del Judo e nella vita:
crescere insieme
per migliorarsi insieme
con "amicizia e reciproca prosperità" (ji-ta-kyo-ei),
attraverso "il miglior impiego dell’energia" (sei-ryoku-zen’yo).