Il JUDO 柔道
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Jigoro Kano.
Cos'è il JUDO 柔道
Il Judo (柔道) è un'invenzione del Prof. Jigoro Kano concepita con lo scopo di educare e guidare l’umanità verso una sana convivenza, civile ed equilibrata, basata sull’amicizia e la reciproca prosperità, ottenute mediante il miglior impiego delle proprie energie fisiche e mentali, per noi stessi e la società.
Tecnicamente può essere definito come un metodo d'educazione fisica e mentale basato su una disciplina di combattimento, d'attacco e difesa, a mani nude.
A chi lo pratica seriamente, trasmette un'esperienza reale di combattimento all'interno ed all'esterno di se stessi, che costituisce un importante bagaglio culturale e formativo in tutte le fasi della vita dell’uomo: da bambino, da ragazzo, da adulto ed in vecchiaia. Il principio stesso di questo tipo di combattimento è "l'adattabilità": cedere o resistere alla forza avversa, sfruttandola sempre a proprio vantaggio, squilibrandola, controllandola e vincendola con il minimo sforzo.
Quando si parla di combattimento nasce spontanea l'obiezione su come si possa giungere a un mondo d'armonia insegnando a combattere e a vincere? La giusta risposta a tale quesito la ritroviamo nelle parole dello stesso Prof. Kano che così diceva ai suoi allievi:
"solo dopo aver tanto combattuto, così da arrivare al di là della nozione di vittoria e di sconfitta, si aprono le porte di una visione d'amore nella vita. Il combattimento di Judo è come una vaccinazione contro la violenza: la si affronta a piccole dosi, la si vince dentro se stessi e infine si acquista la capacità (o la saggezza) di riflettere nelle diverse situazioni della vita".
Non a caso i praticanti di Judo rappresentano nella popolazione una massa non violenta.
Il Judo è stato definito dal Prof. Kano Ji-ta-kyo-ei e Sei-ryoku-zen'yo, cioè "amicizia e reciproca prosperità" ottenute attraverso "il miglior impiego dell'energia". Significa che il Judo si propone di far scoprire e sviluppare al judoista le proprie attitudini, motivandolo naturalmente ad utilizzarle al meglio nel contesto del gruppo, della società, dell’umanità, della vita stessa e dell'universo, un principio che oggi più che mai, in una società che sta travisando i veri valori morali, acquista un’importanza vitale per il futuro della collettività ed il bene comune: il Judo è educazione.
Per sottolineare ulteriormente questo concetto (a nostro parere mai abbastanza) citiamo ancora le parole del Prof. Kano:
"Il Judo é un mezzo per usare l'energia fisica e mentale nel modo più efficiente. L'allenamento comporta il miglioramento di sé stessi, fisico e spirituale, attraverso la pratica delle tecniche d'attacco e di difesa e la comprensione dell'essenza della Via. Questo é il fine ultimo del Judo: perfezionare sé stessi ed essere utili al mondo intorno a noi".
Purtroppo, ai giorni nostri il, il Judo è stato trasformato in uno sport commerciale, tanto che in molti casi sarebbe più giusto chiamarlo "jusport". Manipolato, condizionato e occidentalizzato da discutibili comitati pseudo olimpici e federazioni varie preoccupate principalmente di formare atleti da una disciplina nata per formare Uomini, preferendo all'ideologia di De Coubertin quella del profitto e della vittoria prima di tutto (per non dire a tutti i costi).
Certo la proposta pedagogica che il Judo rappresenta, appartiene alle grandi utopie, come il marxismo, l'esperanto di Zamenhoff, lo scoutismo di Baden Powell, il movimento olimpico di De Coubertin, ma la sua grandezza ci è data dalla grandezza stessa del suo fondatore, che seppe prevedere questo declino del Judo ammonendo:
"Il Judo non è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un'arte e una scienza [...] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica, nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo: il bene dell'umanità".
JU 柔
L'ideogramma JU ha, fin da tempi molto remoti, una vasta letteratura di interpretazione che si riallaccia dalle teorie del Taoismo a quelle dl famosi strateghi militari cinesi dl quei tempi. Molte "spiegazioni", che appaiono anche in documenti di antiche Scuole di jujitsu per la formazione dei samurai al servizio dei Daimyo delle varie epoche, sembrano astratte o esagerate, ma il panorama generale che se ne deduce è che la spiegazione del JU è basata su tecniche concrete, e su ciò è basato anche il pensiero del Prof. Jigoro Kano, ideatore e creatore del Metodo Judo.
Il carattere cinese JU ha diversi significati: può significare "morbido", può intendere "debole", può essere interpretato in alcuni casi "intrattabile". "sottomesso", in altri "gentile", "armonioso"; e in qualche caso come "a propria agio".
Mentre le varie "arti marziali" dei samurai prendevano generalmente il nome dal mezzo, dall'arma usata, per il jujitsu ne fu fatta una eccezione. Le varie Scuole vollero introdurre il termine JU nel nome delle loro arti per sottolineare che tutte le buone tecniche erano basate sul principio che "la gentilezza può controllare la forza”.
JU si può anche riferire a una giovane pianta; esprimere la flessibilità di un giovane albero che non teme che i suoi rami possano rompersi. La parola jujitsu, allora, può essere interpretata come un gruppo di tecniche che sono morbide, sottomesse, gentili. Inoltre, questo può essere meglio capito se JU e pensato come opposto di "duro".
In un antico testo cinese di strategia militare (SanRyaku), scritto nel periodo Lou [1100-256 a.C.] c'è l'espressione: "Ju yoku go wo seisuru", la cui traduzione è "La dolcezza controlla la durezza" e inoltre "la debolezza controlla la forza", "la dolcezza è virtù, la durezza è male ". "i deboli sono aiutati, i forti sono attaccati".
Il principio del JU in jujitsu
I concetti del Taoismo, il Libro dei cambiamenti (Yi-King) e il principio del "positivo" e del "negativo" della filosofia cinese ebbero una considerevole influenza sui praticanti il Jujitsu nel periodo Edo (dall'inizio del XVII secolo alla meta del XIX). E ciò risulta dagli archivi delle varie Scuole. La Scuola Sekiguchi non accentuava né la morbidezza né la durezza, ma una combinazione di entrambe. Questo era, per loro, il principio del JU che applicavano nella loro pratica. La Scuola Shibukawa sosteneva che JU significasse "trattabile", "sottomesso", mentre la Scuola Jikishin insegnava: "gentilezza fuori e robustezza dentro", e dichiarava che il JU era "dolcezza nella forza e forza nella dolcezza".
La scuola dl Kito, che ebbe molte affinità con il Kodokan, era basata sui principi positivi e negativi della filosofia cinese; e ciò si rifletteva nel suo stesso nome: KI (che significa alzarsi) era il principio positivo, mentre TO (che significa cadere) era il principio negativo. I cinesi rappresentavano la forma negativa con IN, che significa "ombra" e quella positiva con YO che significa "luce". Cosi il principio della Scuola Kito era che " l'ombra poteva essere conquistata dalla luce. La luce poteva essere conquistata con l'ombra ". La Scuola Tenjinshinyo sottolineava che JU significava "sottomesso": il corpo deve obbedire alla mente.
DO 道
L’ideogramma del DO viene letteralmente tradotto come via o mezzo per raggiungere un obiettivo, ma il suo significato è molto più profondo e lo si riscontra nel fatto che, lo stesso ideogramma, che nella lingua giapponese viene pronunciato come “DO”, in quella cinese, da cui a origine, come “TAO” termine forse più conosciuto, ma il cui significato, il cui senso, risulta essere lo stesso.
Secondo molti sinologhi, il termine TAO o DAO (o DO in giapponese) esprime il concetto di movimenti ordinati della vita, la vita trascendente, l’innominabile, l’insondabile; è la via secondo cui va l’Universo, qualcosa che ci avvicina a Dio.
Perché da Jujizu (anticamente Jujutu) a Judo
Il DO è stato preferito dal Prof. Jigoro Kano, al Jutsu (arte) perché descriveva bene il cambiamento di scopo da raggiungere che il Judo proponeva nei confronti del Ju-Jutsu.
In effetti il DO voluto dal Prof. Kano e in seguito adottato dal Kendo, dal Kyudo, dall'Aikido, ecc. apriva un capitolo nuovo in quella serie d'esperienze che vanno sotto il nome generico di Discipline di Combattimento Orientali (il termine "Arti Marziali" è un cattivo vocabolo occidentale). Per approfondire la comprensione di questa nuova idea, occorre osservare lo spirito con cui si praticava il Ju-Jutsu e per fare ciò ci rifaremo al modello di vita dei guerrieri giapponesi, confrontandolo con lo spirito che deve animare la pratica del Judo. Gli antichi guerrieri giapponesi, in cambio di una posizione sociale ed economica privilegiata, dovevano essere disposti a perdere affetti, averi, personalità e anche la propria vita senza la minima esitazione, per pagare il debito contratto con chi li manteneva in quella condizione (Signore Feudale). Nel Ju-Jutsu accadeva una cosa analoga: una categoria d'uomini accettava un modello di vita che comportava una condizione socioeconomica superiore a quella popolare (condizione datagli dal Clan che finanziava la scuola) e in cambio, questi uomini dovevano dedicarsi all'arte ed essere pronti a difendere anche a costo della vita il Clan, il Maestro e l'onore della scuola. Chi praticava in una scuola il Ju-Jutsu, anche senza riceverne vantaggi socioeconomici, imparava la Disciplina di Combattimento di quella scuola semplicemente per uno scopo: la necessità di poter utilizzare quest'insegnamento nel momento di uno scontro, esattamente come i suddetti guerrieri.
Nel Judo, invece, pur praticando un'efficace tecnica d'attacco e di difesa, lo scopo che l'allievo deve raggiungere non è quello di una disciplina di combattimento per necessità d'ordine pratico, ma è per un miglioramento della condizione dei suo essere. Il Judo non propone una condizione socioeconomica privilegiata a chi vi si dedica, anzi indirizza il praticante a mettere a disposizione del gruppo, della società e dell'intera umanità le conoscenze e le realizzazioni raggiunte attraverso il metodo del Judo. Per cui fare Judo e non essere utili al mondo intorno a noi, non è lo scopo dei Judo. Inoltre i doveri dello studente-allievo verso il gruppo (la scuola) e il Maestro sono molto ridimensionati: in cambio della possibilità di migliorare, generalmente si chiede un contributo per la costruzione di una buon'atmosfera di pratica ed un contributo economico alle spese di gestione del Dojo.
Il DO apre le porte delle Discipline di Combattimento anche a chi non ha le caratteristiche psicologiche del guerriero: questi può, grazie al DO, praticare gli attacchi e le difese traendone un beneficio in più direzioni. Leggendo gli estratti delle conferenze del Prof. Kano pubblicati dal Kodokan di Tokyo, risulta evidente che la disciplina di combattimento chiamata Judo è stata ideata semplicemente per formare un uomo migliore. Quest'uomo dovrà ottenere un fisico migliore, dovrà diventare efficace nel combattimento per comprenderne l'intima essenza, dovrà arrivare attraverso la pratica degli attacchi e delle difese a superare e trascendere il concetto di vittoria e di sconfitta. In altre parole il Judo è educazione dell'essere umano sia a livello fisico sia mentale e spirituale, attacco e difesa, elevazione morale e infine sistema di vita.
Il DO secondo Kano, comincia proprio quando si superano le nozioni di vittoria e di sconfitta. Il DO implica l'azione nel tempo presente, vissuta intensamente, senza esitazione dovuta a pensieri nel futuro o nel passato.